C’ERA UNA VOLTA IL “LIVE”

C’ERA UNA VOLTA IL “LIVE”

Claudio Dainese, apprezzato tastierista del panorama musicale piemontese, ci parla dell’attuale periodo di inattività dei gruppi di appassionati che fanno musica live nei locali

Il Covid-19 è stata, ed è tuttora, una calamità di proporzioni incalcolabili. Non ha risparmiato nessuna area geografica, nessuna etnia e nessun sistema politico, sociale e produttivo. Con un pensiero alle tantissime vittime ci apprestiamo a dare uno sguardo a come la pandemia abbia terremotato il mondo dello spettacolo e delle arti, teatri, cinema, musei, osservando in modo approfondito come il comparto della musica “live” abbia affrontato il sisma virale, tralasciando le sorti dei big e concentrandoci sui tantissimi musicisti dilettanti e semi professionisti che si sono sempre esibiti in piccoli locali e su palchi da sagra di paese.

In generale possiamo dire che il mondo della musica “live” è attualmente in una sorta di “coma farmacologico”. Non è in pericolo di vita ma, certamente, il giorno in cui ritornerà la tanto agognata normalità sarà tutto abbastanza diverso. Non è mai stato facile per un musicista poter lavorare con la musica, soprattutto in un Paese in cui la cultura musicale è in cronico ritardo rispetto ad altre nazioni, e allo stato attuale, con pandemia in corso, è del tutto impossibile procedere con la propria attività.

L’intero comparto è fermo. Dopo un’illusoria breve riapertura condizionata, nell’intervallo tra la prima e la seconda ondata del Covid, da novembre si è fermato di nuovo tutto. E le prospettive di ripartenza sono di là da venire. Questo disastroso stop lascerà in eredità molte macerie. Oltre ai musicisti bisogna pensare all’indotto. Si, perché anche la musica “live” ha un indotto: i locali che ospitavano concerti, con uno o più titolari, camerieri, baristi, cuochi, fonici; che a loro volta davano lavoro a fornitori alimentari, imprese di pulizia dei locali, negozi di strumenti musicali e di amplificazione, laboratori di riparazione dei medesimi; le sale prova, gestite da tecnici attrezzati anche per effettuare registrazioni di livello professionale, dove tutte le sere i musicisti dilettanti e semi professionisti si trovavano a loro spese per  provare i brani da eseguire in concerto. Tutto ciò è drammaticamente fermo.

Chi ha gestito fino ad oggi la pandemia in ogni suo risvolto avrà cercato di operare al meglio. Almeno lo si spera. Ma in tante, troppe occasioni è emersa un’ignoranza di base intesa nella sua reale accezione, che ha lasciato quantomeno allibiti gli operatori di settore. In questo specifico caso mi riferisco alla proposta di fare concerti on line. Che è da rispedire al mittente senza nessuna esitazione. E’ evidente che la mancanza di cultura e di sensibilità intorno al pianeta musica sia piuttosto evidente. In un concerto “live”, se la musica offerta è di qualità, tra i musicisti e il pubblico presente in sala molto spesso si crea uno scambio emozionale facilmente percepibile. Il musicista ha lavorato tantissimo per essere al meglio su quel palco. Dai primi studi con il proprio strumento alle innumerevoli ore trascorse a migliorare esercitandosi, al tempo dedicato alle prove in sala con gli altri componenti della band, per limare le imprecisioni e poter offrire il meglio a chi verrà ad ascoltare. Il tutto magari dopo una giornata di lavoro e prima di quella seguente. E chi si reca al locale per ascoltare il concerto vuole essere trasportato per un paio d’ore in una dimensione diversa, dimenticando i problemi personali e portandosi a casa quelle piacevoli sensazioni che la musica sa offrire. Quando un concerto è ben incanalato, la scelta dei brani in scaletta studiata con cura, i pezzi eseguiti al meglio delle proprie capacità, l’acustica della sala, il buon lavoro del fonico, danno modo di mettere a disposizione un ascolto attento e gradevole. Ed ecco che la musica fluisce liberamente dal palco al pubblico, lo avvolge e si lascia assaporare evocando ricordi, sensazioni, emozioni che l’ascoltatore vive, elabora e restituisce al musicista, creando un canale di comunicazione privilegiato, che si dissolve lentamente al termine del concerto, e a volte persiste anche dopo.

Un esempio di passione lo troviamo nel gruppo di cover italiane  “Angelina e gli stolti” di cui vi forniamo il link della  pagina  facebook 

https://www.facebook.com/angelinaeglistolti

Questo è un live registrato al Neruda di Torino (che speriamo possa riaprire presto)

In questo brano c’è qualche imprecisione, ma c’è tanta “carica”

YouTube player

Invitiamo tutte le band coinvolte in questa situazione a mandarci i link delle loro esibizioni live antecedenti alla pandemia e le loro opinioni in proposito. Noi saremo lieti di pubblicarle.

2 Comments
  • Posted at 9:09 pm, Febbraio 21, 2021

    Grazie Claudio, concordo pienamente nella tua lettura dell’attuale crisi in cui il settore musicale è sprofondato e di cui nessuno parla.
    Penso che sia davvero importante dare uno spazio ai gruppi per sensibilizzare e riflettere sul futuro della musica.

  • Elisabetta
    Rispondi
    Posted at 5:32 pm, Febbraio 24, 2021

    Le emozioni che la musica fa provare non si possono produrre ne incamerare dietro ad uno schermo di computer. La musica va vissuta sulla pelle, va sentita anche con il corpo , respirata e annusata. Grazie Claudio Dainese per aver sottolineato anche questa sfaccettatura. Il covid ha, e sta portandoci via anche il piacere di ascoltare la musica dal vivo. Auguro a questo settore, come agli altri che tu stesso citi, di riprendere l’attività al più presto possibile.

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